Ryan Blog

sobota, 22 września 2007




“mentre milioni di uomini civili aprono libri, vanno al cinema o a teatro per sapere in che modo francesca sarà turbata da renato, ma odiando l'amante di suo padre, diventerà lesbica per sorda vendetta, studiosi che fanno cantare ai numeri una musica celeste, si domandano se lo spazio non si contragga attorno ad un veicolo. L'universo intero sarebbe, di conseguenza, accessibile: sarebbe possibile portarsi sulla stella più lontana, nello spazio di una vita umana."
Pauwels e Bergier “Il mattino dei maghi”


ieri mattina, in prima pagina sul corriere della sera è stato dedicato spazio alla “burla” che quelli di “buona domenica” hanno tirato al tg5. (che ridere.)
e poi ovviamente alla “rissa” che ha avuto luogo nello spazio dedicato al “ring”. (che trovata geniale.)
per questo motivo mi permetto di alleviare l’oberato giornalismo italiano di qualche peso, e mi occupo di una vicenda di poco conto, a cui ovviamente il giornalismo italiano ha dato poca importanza. così impegnato a occuparsi dei malanni di berlusconi e del tono di voce di prodi (che non si capisce proprio niente quando parla), delle risse di “buona domenica” e delle telefonate di moggi, non può certo occuparsi anche di questo. ovvero del fatto che per la prima volta nella storia è stato portato sulla terra del materiale extraterrestre. e che, fra i primi a occuparsene, sono stati degli studiosi italiani. e che su questo materiale, su queste particelle prese al volo sulla coda di una cometa, sono stati rinvenuti gli ingredienti del DNA. e noi italiani, gli eredi di dante, petrarca, michelangelo, ci dovremmo occupare di queste cose astruse?!?!
mi sembra scontato che i giornalisti se ne occupino poco! che ci sarà di interessante?!?!
tuttavia, e chiedendo scusa agli eventuali lettori di questa mia facezia, perché non si corra il rischio che qualche giornalista possa in qualche modo preoccuparsi di questo, mi sono preoccupato io di provare a intervistare qualcuno di questi studiosi. mi ha risposto la professoressa Alessandra Rotondi, la quale mi ha inviato non solo le risposte alle mie domande ma anche una documentazione fotografica (e qui smetto l’ironia) a dir poco fantastica.
pertanto, chi non è troppo impegnato e\o preoccupato dei rapporti fra lele mora e il fotografo corona, se trova un po’ di tempo, può qui leggersi l’intervista e vedere il piccolo montaggio che ho fatto con il materiale fruibile da tutti sul sito dell’ INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica).
buona lettura. (lele mora permettendo!)



1. quando è partita la sonda stardust, e quando è tornata?
La sonda Starduts è partita il 7 Febbraio 1999 da Cape Canaveral in Florida. Si tratta della prima sonda nella storia dell’esplorazione spaziale che ha riportato a Terra del materiale prelevato su una cometa (la 81P/Wild 2) e la seconda missione dopo quella dell’Apollo a riportare a Terra del materiale extraterrestre.
La capsula che ha portato a Terra i campioni, raccolti da Stardust durante la fase di fly-by della cometa 81P/Wild 2 il 2 Gennaio 2004, è atterrata il 15 Gennaio 2006 nel deserto dello Utah. E’ stata recuperata da un elicottero e portata al Johnson Space Center della NASA a Houston per essere aperta in camera bianca.

2. quali erano gli obiettivi della missione? e in che percentuale tali obiettivi sono stati raggiunti?
Il principale obiettivo della missione era raccogliere campioni della componente solida della chioma della cometa 81P/Wild2 e riportarli a Terra due anni dopo la raccolta. Il mezzo di raccolta è consistito in uno scudo composto da aerogel, cioè un particolare composto di silicio e ossigeno con una bassissima densità, quindi molto poroso, diciamo una spugna di vetro.
Un secondo obiettivo era quello di raccogliere con lo stesso metodo anche grani di polvere interstellare che a causa del moto del Sistema Solare solidale alla nostra galassia entrano nella parte interna del nostro sistema planetario.
Infine, naturalmente, lo studio del materiale raccolto in laboratorio. Per questo la NASA ha chiesto la collaborazione dei laboratori di tutto il mondo selezionandoli per la strumentazione d’avanguardia e per l’esperienza dei ricercatori nell’analisi di micro-particelle. I gruppi selezionati (197 ricercatori da tutto il mondo) hanno costituito il Preliminary Examination Team (PET) dedicato alla fase “chiusa” di analisi dei campioni: da Marzo a Settembre 2006. Si trattava di una fase in cui i dati chiusi alla diffusione, erano proprietà del PET fino alla pubblicazione su un volume dedicato della rivista Science.
La missione ha avuto esito molto positivo. Gli obiettivi sono stati raggiunti al 100% per quel che riguarda i campioni cometari. Siamo arrivati infatti fino alla pubblicazioni dei dati dell’analisi con l’uscita del volume di Science il 15 Dicembre 2006.
Per quel che riguarda i grani interstellari la raccolta è avvenuta ma la fase di estrazione dei grani dal mezzo di raccolta (l’aerogel) non è ancora iniziata. Infatti, come ci si aspettava, la dimensione di questi grani (0.1 micron, cioè 1/10.000.000 di metri) è tale che già la fase di identificazione dei grani all’interno dell’aerogel è critica. Per questo la NASA ha chiesto aiuto davvero a tutto il mondo organizzando un programma su web per l’identificazione dei grani in immagini al microscopio.
Il bilancio totale è comunque certamente ottimo è stata una missione “veloce” ed economica (è costata quanto la realizzazione del film Titanic!)

3. che ruolo hai\avete avuto nel progetto?
A Dicembre 2004 ho presentato alla NASA un proposal, per partecipare alla fase “chiusa” di analisi dei campioni, nel ruolo di responsabile (Principal Investigator) del team LANDS (Laboratori ANalysis of Dust from Space). Si tratta di un team composto da:
5 ricercatori napoletani:
John R. Brucato, Vito Mennella e Luigi Colangeli (dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte - INAF);
Gianluca Ferrini (uno dei talenti italiani che non potendo diventare ricercatore per mancanza di concorsi banditi non si è scoraggiato e ha fondato una piccola società, la Novaetech s.r.l., con altri due colleghi nella stessa situazione e continua a lavorare nel campo della ricerca. www.novaetech.it);
Alessandra Rotundi (Dipartimento di Scienze Applicate dell’Università Parthenope di Napoli);
e da due ricercatori catanesi:
Maria Elisabetta Palumbo e Giuseppe Baratta (dell’Osservatorio Astrofisico di Catania – INAF).
A Maggio 2005 ho avuto la risposta positiva della NASA. Il team LANDS, unico gruppo italiano selezionato dalla NASA, con grande emozione e impegno ha iniziato il lavoro preparativo come ad esempio il disegno e la realizzazione dei supporti su cui depositare e analizzare le particelle. La novaetech ha prodotto i portacampioni che abbiamo inviato alla NASA a Gennaio 2006. A Marzo sono andata al Johnson Space Center a Houston a prendere le prime due (di sette) particelle che la NASA ci aveva assegnato. Emozionante!
Abbiamo fatto misure di microspettroscopia Infrarossa, microscopia elettronica (a Napoli) e microspettroscopia Raman (a Catania) contribuendo con i nostri dati a tre dei sette articoli pubblicati sul volume di Science dedicato all’analisi dei campioni di Stardust.
4. cosa ha portato la sonda sulla terra? (cosa si intende per particelle?)
Le particelle cometarie, deboli aggregati di rocce più grandi e polveri fini non essendo saldamente tenuti insieme si sono separati durante l’ingresso nell’aerogel di raccolta formando tracce con diverse forme (fig. 5). Le tracce più grandi sono lunghe circa due centimentri e larghe circa mezzo centimetro.
I grani raccolti hanno dimensioni che vanno da qualche micron (1/1.000.000 di metro) a qualche centinaia di micron. In particolare, il nostro team si è occupato dell’analisi di particelle con dimensioni comprese tra 10 e 19 micron (più piccole della sezione di un capello, fig. 6).

5. quali sono state le scoperte più importanti (qualcosa in particolare vi ha stupito o colpito, o avete avuto solo conferme alle ipotesi) ?
Durante la fase chiusa di analisi rappresentanti di tutto il PET si sono incontrati per discutere lo stato delle analisi. L’atmosfera di entusiasmo era dovuta a questa prospettiva ma anche dall’emozione di ognuno di noi di avere la fortuna di poter lavorare su materiale così antico proveniente dai confini del Sistema Solare. L’obiettivo comune era quello di discutere intensamente su una moltitudine di risultati di altissimo livello ottenuti con diverse tecniche sofisticate, che vanno dalla microscopia ottica a imponenti sincrotroni. I risultati costituivano grande “puzzle” da costruire che, una volta costruito (diciamo con la pubblicazione del volume di Science), ha fornito numerose risposte non solo su come sono fatte le comete, che risultano essere corpi ben più complessi di quanto si sia ritenuto sinora (vedi punto 1), ma anche importanti informazioni sulla dinamica della formazione del Sistema Solare (vedi punto 2) e nuovi in-put alla teoria che vede le comete portatrici di vita sulla Terra (vedi punto tre).

1) I grani raccolti sono formati da agglomerati di diversi minerali di dimensioni submicroniche, ad esempio in un singolo grano delle dimensioni di 8 micron è costituito da tre diverse componenti: due minerali (pirrotite e enstatite) e da una zona di grani fini agglomerati con composizione simile a quella della Nebulosa protosolare (fig.7).
2) La presenza di minerali che si formano ad elevate temperature (circa 2000 °C) testimonia il fatto che i grani che formano le comete non hanno sempre stazionato ai margini del Sistema Solare ma hanno vissuto parte della loro vita in prossimità del Sole subendo importanti riscaldamenti. Questo porta a rivedere la dinamica della formazione del Sistema Solare.
3) La presenza di molecole organiche, ammine e amminoacidi fornisce ulteriori informazioni alla teoria che vede le comete come “mezzi di trasporto” per le molecole organiche dal mezzo interstellare alla Terra assegnando ad esse un ruolo nella formazione di forme biologiche sul nostro pianeta.

Si tratta di risultati in qualche modo già anticipati dalle ultime missioni spaziali verso le comete e dalle osservazioni astronomiche dallo spazio (ad esempio fatte dal telescopio orbitante Infrared Space Observatory dell’ESA), ma poter avere “la cometa sotto al microscopio” certamente ha permesso di andar nel dettaglio inoltre si potrà continuare ad analizzarla per decine di anni “avendola portata in laboratorio”

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